venerdì 25 gennaio 2013

Tra chef, aziende, gastronauti, appassionati e intenditori il 1° evento regionale sulle De.Co.


Enogastronomia,   manifestazione regionale per le tipicità siciliane  a Denominazione Comunale



Migliorare la qualità dei prodotti gastronomici, puntare sugli alimenti tipici della dieta mediterranea e della tradizione culinaria siciliana. Con questo obiettivo le realtà produttive del territorio isolano, danno il via a una serie di incontri itineranti, che prenderanno il via da Castelvetrano (Tp) martedì  prossimo (29 gennaio, dalle ore 11 al Baglio Trinità) con la Prima Manifestazione Regionale per la promozione e valorizzazione dei prodotti enogastronomici del territorio Siciliano. Un’illustre vetrina per tante eccellenze dell’enogastronomia regionale: aziende e chef provenienti da tutta la Sicilia, infatti, presenteranno un paniere di prodotti agroalimentari tipici e la loro interpretazione dei piatti della tradizione enogastronomica regionale: tra gli chef ci saranno Bonetta Dell’Oglio (Slow Food), Francesco Gallo e Pippo Laudani (Federazione italiana cuochi), Carmelo Giunta (Ass. Professionisti cuochi italiani). L’evento, organizzato dallo chef Angelo Franzò, si aprirà con un seminario di presentazione del format GeniusLoci De.Co Sicilia, che recentemente è stato inserito tra gli esempi virtuosi del Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio - Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori. ”Il Percorso di progettazione partecipata GeniusLoci De.Co.Sicilia – spiega Nino Sutera, direttore della Lurss Onlus -  prevede un modello di De.Co per la Sicilia, che valorizza il Km zero, ma soprattutto la burocrazia zero e a costo zero per le aziende, per le istituzioni e per i cittadini, dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenza che rappresentano la vera componente innovativa”.

Il valore di una De.Co è quello di fissare, in un dato momento storico, ciò che identifica un comune e il suo territorio.

L'appuntamento è quindi per martedi 29 gennaio alle ore 11.00 presso il Baglio Trinità a Castelvetrano.
Dopo i saluti del Sindaco, le introduzioni dello chef Angelo Franzò, e le relazioni di Nino Sutera e Giuseppe Bivona concluderà i lavori  Prof.ssa Alessandra Carrubba. I lavori saranno moderati dalla giornalista Antonella Giovinco.

venerdì 18 gennaio 2013

Castelvetrano: il 29 Gennaio parte la I^ Manifestazione Regionale, promotrice di prodotti enogastronomici tipici regionali

 

Entrano nel vivo a Castelvetrano i preparativi per la I^ Manifestazione Regionale per la promozione e valorizzazione dei prodotti enogastronomici del territorio Siciliano in programma a Castelvetrano il 29 Gennaio.
Questo è il primo dei una serie di incontri itineranti, che ha come obiettivo, un approccio diretto con le realtà qualificate che lavorano per migliorare ed esportare in Italia e nel Mondo i sapori e le tradizioni del Made in Sicilia. Un evento denso di incontri a contatto con le realtà produttive che operano per migliorare la qualità dei prodotti gastronomici tipici, sapori e prodotti, resi unici, dal lavoro secolare della natura e dei Siciliani. Aziende e chef che presenteranno un Paniere dei Prodotti tipici agroalimentari essenza della dieta mediterranea. Alla Manifestazione in programma il 29 Gennaio presso il Baglio Trinità A Castelvetrano hanno aderito diverse aziende dell’agroalimentare e chef provenienti di tutta la Sicilia che presenteranno i loro piatti della tradizione culinaria siciliana. L’organizzazione è curata dell’insuperabile Chef Angelo Franzò.
All’interno della manifestazione la presentazione del format GeniusLoci De.Co Sicilia, ideato dalla Libera Università Rurale Saper&Sapor Onlus di Menfi e Sambuca di Sicilia che recentemente è stato inserito tra gli esempi virtuosi del - FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER LA TERRA E IL PAESAGGIO - “Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori”.
Il Percorso di progettazione partecipata GeniusLoci De.Co.Sicilia prevede un modello di De.Co per la Sicilia, che valorizza il Km zero, ma soprattutto, la burocrazia zero e chiaramente a costo zero, per le aziende, per le istituzioni e per i cittadini, dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenzache rappresentano la vera componente innovativa, afferma Nino Sutera Direttore della Lurss.Onlus.

martedì 15 gennaio 2013

I tabù della modernità : la medicina



( quarta  ed ultima parte)

Non ci sono alimenti che fanno bene e quelli che fanno male, bensì cibi giusti e cibi sbagliati.

Giuseppe Bivona

Il problema della salute  non può essere risolto senza  radicali e profondi trasformazioni  economiche e sociali , vale a dire  senza incidere sulla strutture collettive , il modo di vivere, le stesse nostre convinzioni…. Il benessere ( e non ben avere) e la salute sono le massime priorità a cui dovrebbe tendere l’impegno umano.
Invece la nostra società  moderna ed industriale  è disintegrata in una massa d’individui isolati ed alienati  che non hanno alcuna capacità  d’intervento sulla loro attività , divenuti totalmente dipendenti dai fattori  di controllo .  Cosi siamo  divenuti esperti in specifici campi , educati alla conoscenza specialistica  all’interno di discipline  segmentati a compartimenti stagni nella quale è stata suddivisa  la scienza moderna , impegnati a svolgere  compiti  accuratamente definiti.
Perciò ogni specialista ha una competenza limitata , non può avventurarsi  fuori  di quello che è considerato  il suo legittimo campo  di attività  senza addentrarsi in un territorio di competenza  di qualche altro specialista . Questo vale  anche per lo stesso ministro della sanità , il cui campo d’azione è ben delimitato. Basti  pensare che la massima autorità politica può limitarsi
ad ordinare la costruzione di più ospedali  ,sovvenzionare  la produzione  di diversi preparati farmaceutici, incoraggiare l’assunzione di più dottori ed infermieri , apportare certi cambiamenti nel suo dicastero . Tuttavia contro le vere cause della malattia , il ministro , non può fare nulla .
Lo sviluppo del disastro la moderna medicina prende avvio  con le ricerche compiute  da Pasteur il quale scambia gli effetti della malattia, con le cause  , ovvero accusando germi , batteri e altri microorganismi di essere la causa delle nostre disgrazie.
Da quasi due secoli  ormai ci siamo impaludati in queste acque   stagnanti e maleodoranti  dove ultimamente  si sono aggiunti gli onnipresenti virus,  mentre regna sovrana l’ignoranza, la stupidità ,lo spudorato interesse di consorterie medico- farmaceutiche
La medicina moderna ha colonizzato le nostri menti, divenute incapaci di un pensiero alternativo , di un qualsiasi barlume di criticità ,di dubbi o di un abbozzo di  riflessione critica. Accettiamo supinamente l’esistenza dei virus, di batteri malefici, dei salvi feri vaccini , ci consegniamo a questi nuovi stregoni  con la cecità tipica di un fanatici religiosi e come buoi al macello ci  affidiamo  alle loro presunte  cure.
Eppure  nelle società primitive la salute  era assicurata efficacemente dagli sciamani, indovini ecc., i quali  curavano la salute  dei loro compagni di tribù, attraverso la conservazione del loro ambiente umano e naturale nello stato più favorevole.
Accade cosi che se la malattia  come qualsiasi altra discontinuità , è dovuta ad una scostamento biologico , sociale o ecologico dalla situazione ottimale , la sua cura non può che consistere nello ristabilire quella situazione . curare l’individuo non è l’obbiettivo primario , la vera funzione della cura è ripristinare la stabilità biologica e psicologica  della persona colpita  attraverso il corretto funzionamento dei sistemi biologici , sociali ed ecologici , la cui disgregazione è la vera causa del problema . Ma come si articolava questa “ visione del mondo “ nelle società tribali?
Tutto è sorretto dalla mitologia  che si occupa del mondo degli dei e degli spiriti. . Questi non sono  considerati però organizzati in modo casuale, ma il modello  che essi costituiscono rispecchia i rapporti delle persone con il loro ambiente , in base alle quali si possono mediare risposte adattative.
Cosi la “spiritualità”  può essere divisa in tre categorie .
I primi sono gli spiriti degli antenati , i quali conservano la loro identità sociale e sono considerati  ancora membri della rispettiva famiglia, o tribù. In questo modo  la loro organizzazione rispecchia quella dei loro discendenti e serve a sacralizzare la loro struttura sociale e a conservarla.
In secondo luogo  ci sono gli spiriti della natura . Tutte le piante, gli animali  le montagne e i corsi d’acqua  sono considerati pervasi da spiriti  perciò sacri. Il che  serve a conservarli  o almeno a ridurre  l’impatto  su di essi da parte delle attività umane.
 Ora, sacralizzare qualcosa è l’unico metodo culturale che ha sempre avuto successo  ai fini della conservazione .
Ma una società non è sola nel suo ambiente  è circondata da altri gruppi sociali, spesso ostili , come non sempre i comportamenti dei componenti la tribù  rispettano il grado ideale di ordine : questi costituiscono la terza categoria degli spiriti  maligni o degli stregoni.
E’ nei termini di questa visione  del mondo che una discontinuità ,come la malattia viene interpretata . A volte si ritiene che essa sia causata da spiriti maligni , oppure è considerata come una punizione  comminata dagli spiriti degli antenati  o da quelli della natura per  l’inosservanza  delle leggi  tradizionali o in particolare per la violazione di  un tabù
Alla luce delle prove empiriche  la stabilità della società tribale è  mantenuta dalla rigorosa osservanza  di un insieme di leggi  che assicurano la conservazione dell’ambiente sociale e fisico .
L’inosservanza di tali leggi  porta  alla destabilizzazione  di cui la malattia è l’espressione più manifesta  ( fine)     

mercoledì 9 gennaio 2013

l futuro sarà “verde”?

G.Bivona


“ Accattari ligna pi  poi vinniri cinniri”( Comprare legna per poi venderne la cenere)- “Tirare acqua cu la cartedda”( Attingere acqua utilizzando un cesto di vimini)- “ Ammuttari lu fumu cu la stanga”(Voler spingere fuori il fumo servendosi di una trave).
Così i nostri vecchi saggi contadini  sintetizzavano situazioni caratterizzati da evidenti grossolane  illogicità e insensatezza. Vivevano in tempi in cui  l’essenziale bastava  e il di più “guastava”, non  si potevano permettere  alcuna forma di spreco ,perciò lo stile di vita era essenzialmente “sobrio”. Poi arrivò la rivoluzione industriale, il miracolo economico, la rivoluzione verde, la stolta convinzione che  le fonti energetiche disponibili non dovevano mai esaurirsi. Il nuovo “ordine”  travolse come un ciclone tutto e tutti  , ci spinse in un euforico ottimismo, che non ammetteva ripensamenti e perplessità .
Eppure verso la metà degli anni settanta,come una voce fuori dal coro, il professore Howard  Odum studioso scrupoloso e persona giudiziosa , cercò di calmare i “bollenti spiriti” quand’ebbe la felice intuizione di utilizzare una “nuova” matematica per calcolare le entrate e le uscite, i costi  e i ricavi ,insomma rifece i conteggi che determinano il bilancio energetico nelle attività produttive e particolarmente in agricoltura.
I risultati  ottenuti erano sconfortanti!  Se ad esempio estraiamo petrolio da un pozzo in via di esaurimento ci troviamo di fronte ad una vistosa “perdita” di energia e non a una “fonte” di energia.
Raramente pensiamo che per produrre energia utilizziamo un’altra certa quantità di “energia”, necessaria  alla esplorazione per la ricerca di combustibili , per costruire dei macchinari per la sua estrazione, per costruire e gestire le centrali, per i trasporti e infine per le dismissioni. Ebbene l’efficienza di un “investimento” energetico è limitata dal 2° principio della Termodinamica meglio conosciuta come legge dell’entropia. Ora, la differenza tra l’energia totale ottenuta –meno- tutta l’energia utilizzata per far funzionare un sistema di approvvigionamento , equivale all’energia “netta”. In altre parole la quantità di energia realmente disponibile per compiere lavoro utile.
Fino a quando il costo dell’energia viene espresso in denaro, non ne cogliamo pienamente la “dissennatezza” di certi modelli economici e produttivi ,ma  ad un tratto diviene palesemente evidente, se utilizziamo una scala di valori “commensurabile”, quale ad esempio la kilocaloria (o meglio joule). Solo ,allora ci accorgiamo di  rasentare la demenzialità. Si come se,trovassimo conveniente, scambiare due mele per averne in compenso una!.
Ebbene già nel lontano 1994 David Pimentel e Mario Giampietro consideravano sottostimate il rapporto di 1,4 tra produzione e consumo nella moderna agricoltura , ovvero per 0’7 kcal di energia fossile consumata la nostra agricoltura produceva 1kcal di cibo . I dati erano stati elaborati dalla FAO , ma  erroneamente  dal conteggio avevano escluso  l’irrigazione e i pesticidi oltre i costi per l’essiccamento, il trasporto per i materiali e i prodotti per e dalle aziende , e infine non era stata inclusa l’energia spesa per il confezionamento, il trasporto verso i punti vendita , la refrigerazione o la cottura casalinga.
Gli stessi autori  poco dopo rifecero i calcoli in modo più accurato circa l’energia netta derivata da combustibili fossili impiegata in agricoltura .Intanto definirono due forme distinte di immissione di energia :
a)      energia endosomatica , quella generata dalla trasformazione metabolica del cibo in energia muscolare nel nostro corpo.
b)      Energia esosomatica , quella generata dalla trasformazione di energia all’esterno del corpo umano ,come nel caso della benzina che brucia in una macchina.
Ebbene prima della rivoluzione industriale  tutta l’energia proveniva dal sole  tanto l’endosomatica quanto quella esosomatica. Oggi invece i combustibili fossili rappresentano il 90% dell’energia esosomatica   Il vecchio rapporto tra energia eso-endo della società preindustriale di 4a 1 ,oggi e cresciuto fino ad arrivare e superare i 90a 1 .
La stessa “qualità “ dell’energia endosomatica è cambiata essendo spesa  per generare flussi di informazioni o dirigere macchinari alimentati dall’energia esosomatica. Ma ritornando al rapporto 90 e 1 va da se che ogni kcal di energia endosomatica spesa induce la circolazione di 90kcal di energia esosomatica. Per avere un’idea , un piccolo motore è in grado di convertire le 38.000 kcal contenute in poco meno di 4 litri in 8’8 KWh che equivalgono a circa tre settimane del lavoro di un operaio!.
 Se ci spostiamo nel sistema agro-alimentare, la nostra  moderna ,progredita, società  occidentale , per ogni kcal di cibo consegnato al consumatore sono necessarie 10 kcal di energia esosomatica .ovvero il”sistema” consuma dieci volte più energia di quanto ne produca sotto forma di cibo .   
Come si spiega questa paradossale assurdità? Ebbene ,ciò è reso possibile grazie alle abbondanti disponibilità, in questi anni di combustibili fossili non rinnovabili.! Una inaspettata eredità che ci siamo visti arrivare da un lontano zio “americano” di cui sconoscevamo per millenni la sua esistenza!
Ma Pimentel e Giampietro  vanno oltre : una dieta che apporta giornalmente circa 2.500kcal ,il rapporto 1/10 si traduce in un fabbisogno giornaliero di 35.000 kcal di energia esosomatica . orbene considerando che un’ora di lavoro  richiede la disponibilità di 10.000 kcal di energia esosomatica ,nel nostro sistema attuale ,il flusso di energia per sopperire alla dieta giornaliera verrebbe raggiunto in poco meno di 20 minuti di lavoro . Cosa accadrebbe se rimuovessimo i combustibili fossili dall’equazione? Ebbene la nostra dieta giornaliera richiederebbe 111 ore di lavoro endosomatico ,come dire che per soddisfare l’attuale dieta giornaliera dovremmo lavorare circa tre settimane! Stiamo mangiando …..combustibili fossili!
In oltre 500milioni di anni ,i processi geologici hanno accumulato per noi un ricco conto in banca -il petrolio- Noi, in pochi decenni stiamo raggiungendo il fatidico” picco”. Perciò urge porre attenzione ad altre fonti di energie cosiddette “alternative”
Tra queste vengono annoverati i biocarburanti  ritenuti una alternativa ecologica ai combustibili fossili .Le organizzazione di categoria degli agricoltori , non stanno nei panni ,esultano per la prossima”rivoluzione” verde . Ma tanto entusiasmo e giustificato?
Secondo un recente studio dello stesso David Pimentel e Tad Patzek  tendono a smorzare l’euforia  ,l’efficienza di questi combustibili ,cifre alla mano, non promette nulla di buono .
Far diventare colture come mais ,soia e girasole o qualsiasi biomassa vegetale ,sorgenti di combustibile, è un processo che impiega a sua volta energia e secondo gli studiosi è superiore a quella prodotta. Lo studio ha dimostrato che la produzione di mais richiede 29%in più di energia (che in questo caso è fossile ) rispetto a quella prodotta in un combustibile come l’etanolo ; il panico verga , una graminacea che si ritiene essere interessante per le aree difficile ,richiede addirittura il 45%
Non abbiamo i dati per la jatropa,  una pianta succulenta ,ma analizzando coltivazioni adatte alla produzione di biodiesel  come la soia ,consuma il 27% in più di energia , mentre il girasole arriva al 118%..
Prima di saltare immediatamente a bordo delle scialuppe di salvataggio ,rappresentate dalle energie alternative ,il ricorso alle quali ci consentirebbe di mantenere il tenore di vita attuale, non pensate che sarebbe saggio assicurarsi che galleggino?

mercoledì 2 gennaio 2013

I tabù della modernità: la medicina ( parte terza)




Giuseppe Bivona
Il medico sta male se nessuno sta male”

“I fattori comuni che hanno dominato l’evoluzione umana  e prodotto l’Homo sapiens erano pre-agricoli. Il mondo di vita agricolo ha predominato per meno dell’un per cento  della storia umana,  e non c’è nessuna  prova di mutamenti biologici  importanti  durante quel periodo di tempo… l’origine di tutte le caratteristiche comuni va cercata nei tempi pre-agricoli.
I primi gruppi di umani vivevano  a stretto contatto con la natura, si spostavano in continuazione per non rimanere  a lungo in contatto con i loro escrementi, cosi da ridurre sensibilmente le malattie parassitarie. Avevano a disposizione  un’ampia varietà di cibo fresco. I piccoli gruppi  vivevano  dispersi in un’ampia area  cosi da impedire  o prevenire  la diffusione di  malattie da una località ad un’altra. In poche parole i gruppi di umanoidi erano cosi piccoli da impedire lo sviluppo di una popolazione di parassiti legati a malattie infettive. Tipico è il caso del morbillo che si diffonde solo e solamente in una popolazione che superi abbondantemente le 500.000 unità. Bisognava quindi che i parassiti, per installarsi in un ambiente, interferiscano con  gli ospiti non umani,  tipo la peste bubbonica   dei roditori,  o la febbre gialla e la malaria delle scimmie, o l’idrofobia dei pipistrelli. Una volta che abbiamo distrutto l’habitat   degli animali ospiti e modificato l’equilibrio, i microrganismi collegati si sono rapidamente trasferiti negli esseri umani. Così la zanzara anofele, che originariamente colpiva le scimmie  provocando blande reazioni, a seguito dell’abbattimento delle foreste dovette trovare altri ospiti  e quelli più disponibili erano gli esseri umani. Nel modificare il nostro habitat  di vita abbiamo fornito una condizione ideale per lo sviluppo dei parassiti.  Tipico è il caso del diffondersi della schistomatosi e della malaria, a seguito degli impianti d’irrigazione nei paesi caldo aridi.
 Costruendo dighe e canali d’irrigazione per alleviare la fame nel mondo, l’uomo ha  creato le condizioni  ideali per la diffusione della malattia”( WHO).
In generale l’ambiente in cui viviamo si è allontanato sensibilmente  e sempre di più da quello  al quale siamo stati adattati dalla nostra evoluzione, costringendoci a conurbazioni  “innaturali”.
Mangiamo cibi  coltivati e prodotti  con processi innaturali, facendo uso di sostanze chimiche: “ormoni, antibiotici, pesticidi, diserbanti, nematocidi ecc.” i cui residui si trovano  in tutti  i prodotti alimentari  attualmente in commercio. Inoltre questi alimenti vengono sempre più spesso trasformati  dalle grandi fabbriche, col risultato  che la loro struttura molecolare è talmente diversa da quella dei cibi  a cui ci siamo adattati  nella nostra evoluzione da non essere “riconosciuti”, con grave danno al nostro metabolismo. Beviamo acqua  contaminata da metalli pesanti, sostanze chimiche organiche di sintesi, pesticidi compresi, che nessun impianto di depurazione riesce efficacemente ad eliminare. Respiriamo aria inquinata da piombo derivante dal petrolio, particelle di amianto, monossido di carbonio e ossido di azoto  dei gas di scarico delle macchine, e altro ancora proveniente dalle ciminiere industriali.
Non è un caso che in queste condizioni  oggi soffriamo  di una nuova gamma di malattie, totalmente sconosciute ai popoli primitivi, ma la cosa più sorprendente è che  l’incidenza di queste malattie  seguono in proporzione la crescita del Pil. Queste malattie vengono chiamate “malattie della civiltà”, come le ulcere gastriche, malattie cardiovascolari, obesità, diabete ecc. ecc .
Abbiamo perso il lume della ragione  semplicemente perché  non sappiamo affrontare le cause, e ancora più grave è che in nome del progresso e del benessere accentuiamo quelle trasformazioni  che per loro natura  si scostano sempre più  da quelli  alle quali siamo stati adattati.
Nutriamo una cieca fede nell’onnipotenza della scienza e della tecnologia, che vengono propinati come dono dell’infinita adattabilità. Ma il vero adattamento deve  riferirsi alle trasformazioni  che reagiscono  alle discontinuità, creando le condizioni che ne riducano l’incidenza e la gravità, invece che limitarsi a eliminare i sintomi. Prendiamo l’esempio della carie dentaria:
Gli uomini primitivi nel complesso avevano un’ottima dentatura, poi con lo sviluppo economico lo stato dei denti è peggiorato. Oggi siamo generalmente d’accordo  sul fatto che questa epidemia è il risultato del mangiare robaccia, cibi spazzatura come dolci, biscotti, tortine, brioscine, pane bianco ecc. L’unica vera seria risposta  adattativa  per affrontare il problema consiste  nel far si che la gente, e in particolare i bambini, cambino dieta. Tuttavia è lontanamente immaginabile che la moderna società industriale, che vede tutto in termini di vantaggio economico  a breve tempo, possa  ridurre o annullare la vendita di questi prodotti alimentari. Essa deve perciò adottare una strategia diversa,  ovvero ricorrere ad una quantità di dentisti  che estraggono denti guasti  e li sostituiscono con denti falsi. Una strategia come tante altre che serve ad aumentare l’attività economica,  ma non a risolvere il problema della salute dei denti. E’ quello che Boyden  definisce uno “pseudo adattamento“ ovvero un modo singolare  di non affrontare le cause della malattia, ma solo mascherare i sintomi.
Curare sistematicamente i sintomi della malattia invece  che eradicarla, significa fornire costosi trattamenti  tecnologici ed ospedalieri  a uso intensivo per orde di persone  che inevitabilmente si ammalano in un ambiente sempre più insalubre.(continua)