lunedì 7 marzo 2016

Ecco i cibi che proteggono dal cancro

  
I  pomodori sono protettivi i broccoli, le arance, la zucca, i cavoli, i fagiolini verdi, la carota, le verdure a foglia verde, i legumi, l’aglio, la cipolla, i piselli, i peperoni, le patate, i cetrioli, il prezzemolo, i finocchi, gli asparagi, i carciofi, i funghi, i ravanelli, le erbe aromatiche. E poi le fragole, le albicocche, i lamponi, l’uva, il melone, l’anguria, i mirtilli, le castagne. Ancora: il tè verde, lo yogurt, i crostacei, i molluschi, il pesce in generale, l’olio d’oliva.

Nel prezioso laboratorio della natura ce n’è per tutti i gusti, e adesso incominciamo a scoprire che ce n’è per tutti i Dna, la doppia elica che contiene le nostre informazioni genetiche.

La scienza sta studiando la dieta personalizzata
Sta nascendo una nuova scienza, la nutrigenomica: cerca di capire in che modo un alimento modifica il funzionamento dell’organismo a livello molecolare e punta a elaborare un’alimentazione che in un prossimo futuro terrà conto del profilo genetico di ogni individuo. Il vecchio adagio che «l’uomo è ciò che mangia» può avere ormai una controprova scientifica.
La nutrigenomica avrà un ruolo centrale e si è già data obiettivi che sono ambiziosi ma non impossibili: chiarire i meccanismi molecolari alla base degli effetti deicibi sulla salute; studiare l’impatto del genotipo sugli effetti dell’alimentazione, cioè comprendere come ciascuno reagisce ai cibi e come questi possano influenzare la comparsa di determinate malattie. Vorrà dire, per esempio, che per la signora Rossi la salsa di pomodoro sarà un alimento essenziale, e che per il signor Bianchi sarà invece raccomandabilissimo un grande consumo di agrumi.
Ma quali sono le sostanze che fanno bene contenute negli alimenti? Si chiamano composti fitochimici e non apportano calorie, ma sono, e lo dimostrano migliaia di studi scientifici, uno scudo protettivo nel nostro organismo mettendolo al riparo dal rischio cancro.
Perché, bisogna ricordarlo, soltanto il 4% dei tumori è causato da ciò che respiriamo (cioè dall’inquinamento atmosferico) e ben il 30% da ciò che mangiamo. Non solo. Questi micronutrienti ci proteggono anche da altri mali, come il diabete, le malattie cardiache, il processo degenerativo delle cellule che per esempio sfocia nell’Alzheimer.
I composti fitochimici sono classificati in grandi famiglie, a loro volta suddivise in classi e sottoclassi.
I polifenoli rallentano l’ossidazione cellulare
La più numerosa è la famiglia dei polifenoli, tra le cui classi la più diffusa è quella dei flavonoidi. Sarebbe troppo lungo addentrarsi in questo popolo di guerrieri benefici. Basti sapere che ciascuna di queste sostanze ha dimostrato la sua capacità di proteggerci.
Come? Principalmente stimolando nel nostro organismo reazioni biochimiche che hanno un grande potere antiossidante, in grado cioè di limitare o bloccare del tutto i radicali liberi, che nascono dal processo di ossidazione.
L’ossidazione all’interno delle nostre cellule è la stessa reazione chimica che fa scurire una mela tagliata o fa arrugginire un chiodo: ogni volta che respiriamo, l’ossigeno che mettiamo in circolo entra a far parte dei processi di ossidazione che si svolgono in tutte le cellule del nostro corpo. Da questa ossidazione (ma anche dal fumo, dall’inquinamento, dall’alcol in eccesso, dalle radiazioni) nascono pure i radicali liberi, molecole che perdono un elettrone e che così diventano «spaiate». Questi radicali liberi cercano di tornare in equilibrio «rubando» elettroni alle altre cellule, e possono danneggiarle, dando inizio a un tumore.
Ecco, gli antiossidanti combattono il rischio con un meccanismo semplicissimo: cedono ai radicali liberi l’elettrone che a loro manca, e quindi disinnescano la miccia. Per questo l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, ha lanciato la formula five a day, cioè cinque porzioni di frutta, legumi e verdura al giorno, e per questo i nutrizionisti consigliano secondi piatti in cui a predominare siano verdura, uova, pesce e formaggi, mentre la carne rossa sia assente o presente in misura ridotta.

Un regime sano allontana anche altre malattie
È l’alimentazione che fa prevenzione, e non solo contro il cancro, ma in favore del buon funzionamento del cuore, del cervello e di tutti i nostri organi. Ci sono due meccanismi principali con cui un alimento naturale è in grado di rallentare il processo tumorale: uno è quello di inibire la crescita delle cellule cancerose; l’altro è quello di facilitare l’apoptosi, che s’innesca spontaneamente nel nostro organismo in presenza di cellule mutate.
Le crucifere, ovvero cavolfiore e broccolo, cavolo cappuccio, cavolo verza, per esempio, favoriscono l’eliminazione delle sostanze tossiche e sono ricche di due sostanze: il sulforafano, che è stato isolato per la prima volta nel 1959, e che insieme al caratteristico odore di cavolo, ha un grande potere protettivo nei confronti di tumori al colon, alla prostata, di leucemia e neuroblastoma; l’indolo 3 carbinolo, che ha dimostrato una efficace funzione contro il rischio di carcinoma alla mammella e più in generale alla crescita del tumore.
Poi c’è l’aglio, il condimento più diffuso del mondo e una delle erbe medicinali più antiche, che con la cipolla, il porro e lo scalogno stabilizzano il Dna delle cellule sane e svolgono un’azione preventiva molto efficace contro il tumore dell’esofago, dello stomaco, della prostata.
Mentre lamponi e fragole sono ricchi di acido ellagico, che impedisce alle cellule tumorali di creare vasi sanguigni da cui nutrirsi. L’elenco è lungo ma incompleto perché la nutrigenomica è soltanto ai primi passi: quasi ogni giorno da qualche laboratorio di ricerca arriva la notizia di un nuovo composto fitochimico di cui si scopre quanto e come faccia bene.

giovedì 3 marzo 2016

A Giada Bellanca il riconoscimento della lurss.onlus “Ambasciatrice dell’Identità Territoriale”

Alla Dott.ssa   Giada Bellanca il riconoscimento della lurss.onlus  “Ambasciatrice dell’Identità Territoriale”

  La consegna del prestigioso riconoscimento avverrà in occasione della II° edizione di Donne&Territorio  organizzato dal Comune di Sambuca di Sicilia il prossimo otto Marzo alle ore 17.30 al Teatro Idea  
                    Giada Bellanca, 31 anni, siciliana di Sciacca, medico specializzato in emergenze e disastri, lavora da due anni per il Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta con cui ha accompagnato le operazioni «Mare Nostrum» e «Triton», al largo della Libia. Dal 15 dicembre scorso fa parte dell’equipaggio della «Responder», la nave in missione di soccorso nell’Egeo  

Il suo è un racconto in prima linea, giorno e notte con turni di un mese a contendersi con il mare la vita di chi fugge dalla morte: «L’Egeo è diverso dal Mediterraneo, lì intervenivamo anche a 200 miglia di distanza, qui i tempi di salvataggio sono brevi, due ore in tutto. Ma per paradosso è più pericoloso, perché è un mare chiuso dove le correnti cambiano rapidamente e perché i migranti vedono la riva e pur non sapendo nuotare contano di farcela mentre basta un po’ di vento perchè affondino nelle acque gelide a pochi metri da terra». 
«Una mattina all’alba ci chiama la guardia costiera greca, erano i primi giorni di gennaio, un freddo infernale. Tempo tre minuti e noi del team medico più due soccorritori siamo a bordo della lancia diretti al luogo del naufragio, davanti ad Agathonissi, l’isola detta degli spilli perché gli scogli sono a pelo d’acqua e i gommoni si squarciano come fossero di carta. Mi accorgo al volo che tra quelle 50 persone, quasi tutte famiglie siriane, c’è una mamma con in braccio un bambino di due mesi in ipotermia profonda. Un altro di tre anni è già morto, ci sono diversi ragazzini sanguinanti sulla riva. La donna urla in arabo, ha accanto il marito e altri 4 figli, è ferita come tutti ma il piccolo non respira, il cuore tace, la pelle ha un colore bluastro, marezzato. In casi così la salvezza è questione di istanti, una lezione che insegna solo l’esperienza. Lo portiamo in un capanno pieno di cani, c’è un tavolaccio ma almeno siamo a terra. Mi getto a rianimarlo e non smetto fino al primo battito, un’ora dopo, uno sforzo fisico enorme. Poi il bambino reagisce, apre gli occhi, è fuori pericolo...».  

Da quando è in mare la dottoressa Bellanca ha soccorso 14 mila persone, siriani, malesi, eritrei, un matematico senegalese che voleva continuare l’università: «Il bimbo siriano e la sua famiglia li ho rivisti due giorni dopo a Samos, cercavano il centro di accoglienza, gli ho dato dei biscotti, erano poveri. Dopo li ho persi, come tutti, quando congedandoci ci diciamo “insciallah” non posso e non voglio sapere più nulla, ho fatto un giuramento e non m’importa chi salvo, da dove viene, cosa fa. Li porto a terra mostrando loro la riva, “l’Europa”, e ripetendo “you are safe”,