martedì 28 novembre 2017

Sopravviveranno i contadini ancora una volta?


(seconda parte)

di Peppino Bivona


                            Alla parola superstite si può attribuire due significati diversi, può riferirsi a  gente che ha  vinto o superato  una serie di   difficoltà eccezionalmente rischiose, oppure, come nel caso dei nostri contadini,  persone  che hanno continuato a vivere quanto tutti gli altri sono morti o scomparsi.
 I contadini sono una strana razza umana un modello antropologico davvero singolare. Considerate che ha  continuato a vivere e lavorare la terra  a differenza di tanti altri  che hanno approfittato delle opportunità offerte dall’emigrazione per sfuggire alla miseria più abietta.
Instancabilmente dedicato a trarre la vita dalla terra, la sua esistenza è indissolubilmente legata al lavoro inteso come un presente senza fine, perciò considera la vita come una parentesi. Questa convinzione scaturisce dalla familiarità quotidiana che i contadini hanno con il ciclo della vita, della nascita e la morte. Hanno una loro  religiosità che non ha mai conciso con quella praticata  dal potere o dei sacerdoti.
Il contadino, come dicevamo, vede la vita anche come un intermezzo, per la sua doppia ed opposta visione del tempo che a sua volta deriva dalla duplice natura della sua economia. Sogna di tornare a vivere una vita senza soprusi, libero dalle tirannie, perciò i suoi ideali sono rivolti al passato, ma i suoi obblighi sono necessariamente rivolti al futuro, un futuro che non vedrà. La morte non lo proietta in un tempo futuro, la sua concezione di immortalità è diversa dalla nostra : egli torna al passato.
Questi due momenti temporali ,passato e futuro,  non sono in contrapposizione  come può sembrare a prima vista, per la semplice ragione che il contadino ha una visione ciclica del tempo: sono due modi diversi di girare intorno al cerchio. Accetta gli accadimenti della vita senza trasformarli in qualcosa di assoluto. La nostra cultura occidentale ha una visione del tempo unidirezionale come una freccia che scocca da un arco,non sopporta l’idea di un tempo ciclico ,dà una sorta di vertigine morale, tutto ruota intorno al principio causa-effetto. Il contadino ha grande difficoltà ad accettare la definizione  di tempo storico , se non come impronta  lasciata dalla ruota che gira
Nel mondo contadino il concetto di uguaglianza è intimamente legato a due condizioni: alla necessita del lavoro e alla scarsità o sobrietà dello stile di vita. Contrariamente ai modelli liberali e marxisti dove l’ideale di uguaglianza presuppone un mondo di abbondanza, rivendicando diritti uguali per tutti in presenza di eccedenza , di cornucopia,  elargite grazie ai progressi della scienza e dello sviluppo. L’ideale di uguaglianza è molto diverso per il contadino: riconosce un mondo di scarsità e si impegna in un aiuto reciproco e fraterno, fa uso del dono come connettivo socio-economico della comunità.
Strettamente legato all’accettazione della scarsità è il riconoscimento della relativa ignoranza dell’uomo. Si può restare ammirati dalla conoscenze, dall’applicazione dei risultati  ma mai il progredire delle conoscenze,  in alcun modo, possono ridurre la portata di ciò che deve  rimanere inspiegabilmente sconosciuto. Pongono un limite alla conoscenza Non cè nulla nell’esperienza della loro vita che possa indurli a credere a cause finali perché la loro esperienza si svolge in un mondo aperto e ampio esposto ad infinite variabili. L’ignoto può essere rimosso solo entro i confini di un esperimento di laboratorio.
In tempi diversi e a secondo i paesi, la storia moderna inizia con l’avvio del progresso come obiettivo e motore della storia. Questo principio è nato con l’avvento della borghesia come classe, poi continuato attraverso le rivoluzioni moderne e socialiste, che ne  hanno completato la definizione. Bisogna guardare sempre avanti, perché il futuro offre ancora maggiori speranze Nella visione contadina il futuro è visto come una sequenza di ripetuti  atti di sopravvivenza. Ogni atto è come introdurre un filo in una cruna di un ago: il filo è tradizione.
L’esperienza di crescita e sviluppo per il contadino hanno un significato diverso e totalmente opposto rispetto all’esperienza culturale cittadina. Prendiamo per esempio il conservatorismo contadino elemento chiave della sua condotta, la sua ostinata resistenza alle sollecitazioni al cambiamento
Ora la nozione di cambiamento nasce storicamente nella città dove l’ambiente urbano  ha offerto ai suoi abitanti un certo grado di sicurezza e protezione. Così i sistemi di riscaldamento hanno compensato le variazioni di temperatura, l’illuminazione ha reso minima la differenza tra il giorno e la notte. Inoltre una vasta gamma di servizi,dalle scuole alle librerie agli ospedali , dai panettieri ai macellai ha reso meno angosciante la vita. Ovunque edifici progettati come promessa di sicurezza e  continuità.
Al contadino manca qualsiasi tipo di protezione. Ogni giorno deve  fare esperienza con i cambiamenti strettamente legati alla sua esistenza. Alcune di esse sono prevedibili, come il cambio delle stagioni, il processo di invecchiamento e la conseguente perdita di forze; molte altre come le variazioni climatiche, la morte di una mucca colpita da un fulmine, oppure le troppe piogge o la siccità  ecc. sono imprevedibili L’esperienza del cambiamento per il contadino è  più ricca ed intensa di qualunque altra classe sociale , per due ragioni. In primo luogo per le sue capacità di osservazione, coglie dall’ambiente i segni che possono aiutarlo ad interpretare il futuro. La sua attività di osservatore non cessa mai registrando le modifiche e riflettendo su di esse. In secondo luogo la situazione economica. Cosi una variazione anche minima in meno, nella resa di una coltura rispetto all’anno precedente , un calo di prezzo o una spesa imprevista possono avere conseguenze disastrose. Non lascia sfuggire la più piccola osservazione che segnali anche un piccolo, insignificante cambiamento.
A questo punto dobbiamo chiederci, come si rapportano i contadini di  oggi con il sistema  economico globalizzato? Ovvero che spazi di sopravvivenza sono lasciati ai contadini in un contesto dominato da l’agroindustria?

(continua)

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